sabato 24 marzo 2012

Ai due Marò possibilità di riduzione stipendio...


I due marò italiani che le autorità indiane ritengono coinvolti nella morte di due 
pescatori locali il 15 febbraio scorso 
rischiano di vendersi dimezzato lo 
stipendio. Oltre al danno - quindi - la
 beffa. La direzione generale del personale militare e l’ufficio legislativo del ministero
 della Difesa non hanno voluto confermare
 né con una dichiarazione né con un
 documento l’eventualità. “In merito a
 quanto chiesto con la
mail del 20 marzo scorso, si fa presente che presso questa Direzione generale non è  pervenuta alcuna documentazione ufficiale; gli eventuali atti che dovessero pervenire  saranno trattati ai sensi della normativa vigente in materia (codice dell'ordinamento
 militare)”, hanno fatto sapere in via ufficiale. In sostanza i due fanti di marina stanno
ancora percepedo lo stipendio per intero, ma le cose potrebbero molto presto cambiare.
In via officiosa hanno confermato che “l’ipotesi risponde al vero: lo Stato non ha
riconosciuto a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone lo stato di prigionia”. Per capire
 occorre consultare il codice militare. “La legge sostiene che in tutte le situazioni simili a
quelle in cui si trovando i due marò arrestati in India, l’amministrazione deve approvare
 un provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio. In sostanza, al militare gli
viene ridotto lo stipendio della metà”, spiega l’esperto di diritto militare Angelo Fiore
Tartaglia.  E’ quanto avviene normalmente quando c’è un provvedimento di custodia
cautelare in carcere o di arresti domiciliari, “per cui c’è un’impossibilità oggettiva per il
soldato di prestare la sua attività lavorativa. E quindi, il nostro ordinamento per evitare
 che l’amministrazione corrisponda il salario per intero al militare ha previsto il meccanismo
 della sospensione dal servizio”, spiega l’avvocato.
Lo Stato potrebbe ovviare a questo inconveniente decidendo di riconoscere lo status di prigionieri. “In questo modo non ci sarebbe più una condotta a loro addebitabile dallo
Stato italiano e quindi un’ipotesi di reato al vaglio di un nostro pubblico ministero”,
spiega ancora l’avvocato. Concretamente, se si sostiene che i due militari sono prigionieri
politici e quindi sono vittime di rapporti politici fra Stati, allora la situazione deve essere
analizzata sotto un altro punto di vista. “Se i marò dovessero essere dichiarati prigionieri
politici, allora potrebbero continuare a percepire lo stipendio per intero secondo le norme dell’ordinamento militare”, rileva. 
Il governo, il Ministero della Difesa in particolare, dovrebbe quindi valutare queste due
 ipotesi. “Se considera il provvedimento restrittivo disposto dal tribunale indiano nei
confronti dei due lagunari alla stregua di un provvedimento restrittivo italiano,
dovrebbe sospenderli precauzionalmente a titolo obbligatorio dal servizio con la riduzione
degli emolumenti del 50 per cento”, conferma ancora Tartaglia. E questa situazione può
 protrarsi fino a cinque anni, fino alla risoluzione del procedimento penale. “Se invece li
considera prigionieri politici, allora dovrà adottare un provvedimento di tipo diverso,
perché questa situazione non può gravare sul capo di un dipendente pubblico”. 
"Riconoscere ai due marinai del battaglione San Marco lo stato di prigionia previsto
 dal Codice dell’ordinamento militare non è solo una tutela della loro posizione di stato,
 è una chiara azione politica che ha un suo preciso significato”, si legge in un loro
documento vergato da Luca Marco Comellini, segretario del Partito per la tutela dei
diritti di militari e forze di polizia (Pdm) - “Il Ministro della difesa, ammiraglio Di Paola, 

dovrebbe comprendere e condividere una simile scelta – conclude Comellini - perché diversamente, in casi come questo di cui discutiamo, senza ulteriori distinzioni, il Codice
prevede la sospensione dal servizio con effetti disciplinari ed economici che non farebbero
 altro che aggravare la situazione”.
 

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